Il principio della democrazia nell’esperienza di quel 1849/Un sistema costruito secondo la volontà popolare intorno a certi valori

Costituzione alla base della nostra Carta

Il 9 febbraio ricordiamo il 161° anniversario della Repubblica Romana, o meglio della Repubblica democratica, così recitava, al primo articolo, la Costituzione del 1849.

Repubblica democratica: molti hanno tentato contorsioni intellettuali nel tentativo di specificare che nella repubblica sono assimilati i valori della democrazia, quasi sottintendendo che democratica fosse una espressione pleonastica in riferimento al sistema repubblicano. Ma, mentre con repubblica si identifica un sistema di governo e con democrazia un sistema di valori, spesso queste due letture non coincidono, anzi possono risultare agli antipodi. Quindi, nel definire democratica una Repubblica si deve intendere che il sistema viene costruito, per volontà popolare, intorno (per) ai valori nei quali una collettività si riconosce e attraverso i quali intende progredire. Purtroppo questa discussione, che può apparire accademica, ha risentito negli ultimi decenni del condizionamento negativo che i due termini hanno assunto attraverso l’esperienza dei regimi del socialismo reale. Sbaragliati dalla storia gli equivoci che hanno congelato qualsiasi riflessione sulla necessità di definire una repubblica democratica, è bene riprendere, da dove è stata interrotta, la riflessione stessa.

Ed è altrettanto bene ricordare che anche l’art.1 della Costituzione italiana definisce il sistema una Repubblica democratica la cui sovranità appartiene al popolo. Non ad un popolo apatico, ma ad un popolo attivo che fa dello strumento elettorale il grimaldello per sostituire coloro che non rispettano, o tentano di alterare con equivoche interpretazioni, i valori democratici su cui si basa il sistema di governo repubblicano.

Ingabbiare in artificiose forme di ingegneria legislativa questo potere popolare vuol dire alterare la funzione e le speranze che alimentano la vita di una democrazia repubblicana.

Allora, come oggi, i valori democratici riguardavano l’eguaglianza, la libertà, la fratellanza, la libera istruzione, il sostegno al disagio, sia economico che morale: ovvero quella Costituzione era talmente avanti che i nostri più vicini padri costituenti sentirono il bisogno di ispirarsi ad essa. La stessa giustizia veniva governata nell’interesse del popolo con accorti meccanismi il cui valore, seppur i repubblicani di allora non abbiano avuto il tempo per trasformare l’ispirazione in legge, è rintracciabile attraverso il combinato delle norme della Costituzione stessa.

Nel ricordare quegli uomini, quei repubblicani e la loro Costituzione, non possiamo non avvertire un senso di disagio per la contemporaneità che siamo costretti a vivere. Se la Costituzione rappresenta il progetto di una società, dobbiamo alzare maggiormente la soglia della nostra attenzione per trasformare in azione politica la difesa di quella repubblica democratica il cui vero significato molti ignorano e tanti tentano di disarticolare nel tentativo di realizzare un sistema populista in cui il valore non è dato dal sentimento ma dall’esaltazione, se non dall’emulazione.

Ogni costituzione può essere rivisitata adeguandola alla società complessa, ma è proprio a questo meccanismo di ammodernamento che dobbiamo prestare attenzione: possono essere studiati migliori e più efficaci strumenti per la repubblica, quale sistema di governo, ma questi strumenti non possono annullare o indebolire i valori universali della democrazia.

Nel ricordare i nostri padri costituenti non possiamo dimenticare, e ciò vale sia per gli uomini del 1849 che per quelli del 1948, che hanno agito in momenti assai complessi, sia sul piano storico, che sociale e politico, senza smarrire la strada del bene comune, grazie alla quale la nazione ha potuto essere definita democratica.

Noi viviamo in pace (le nostre sofferenze sono di altra natura, assai più superficiali, spesso causate da un edonismo che contribuisce ad annullare i valori in cui dovremmo con maggiore convinzione dedicarci) e proprio da questa consapevolezza dobbiamo trarre la forza per sconfiggere l’indifferenza, l’ignoranza e i nemici della democrazia. E’ un dovere per i repubblicani ricordare la Repubblica Romana con l’intento di rafforzare tra noi il vincolo della solidarietà e dell’unità in funzione della difesa di quei valori che ci hanno consentito di arrivare al XXI secolo quali unici testimoni di un pensiero di progresso dal quale dobbiamo trarre lo stimolo per meglio definire la qualità del nostro dovere per il futuro.

Antonio Suraci